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Barbara si rialza e dà vita a “Libera di Vivere”.

È il 20 dicembre 2003, siamo a Palermo, quando Barbara Bartolotti chiude con la vecchia vita, rischia di morire per mano di un collega che la colpisce con quattro martellate alla testa, una coltellata all’addome, pugni al volto e infine le dà fuoco.

Unica colpa di Barbara è rifiutare la corte di Giuseppe Perrone perché felicemente sposata e in attesa del suo terzo figlio.

“Se non posso averti io non deve averti nessuno”

“Se non posso averti io, non deve averti nessuno”, queste sono state le ultime parole rivolte a Barbara dal suo aguzzino, prima che iniziasse a infliggerle colpi alla testa, una coltellata all’addome, calci e pugni. Giuseppe, però, non si è fermato lì: ha estratto dal bagagliaio della sua auto una tanica di gasolio, qualche foglio di giornale e le ha dato fuoco.

Barbara si è finta morta fino a quando il suo carnefice si è allontanato. Era una torcia umana, perdeva sangue e la sua pelle cadeva a brandelli sull’asfalto, ma ha trovato la forza di scappare e chiedere aiuto.

Barbara si è salvata grazie ad un miracolo, ma non sono bastati 10 giorni di coma, 6 mesi di ospedale, 27 interventi chirurgici e 5 anni di guaine contenitive per ridarle una nuova vita dignitosa.

Sebbene l’ex collega abbia confessato e sia stato giudicato colpevole di tentato omicidio, ha scontato solo pochi giorni di carcere. La pena di 25 anni è stata ridotta a 4 anni di domiciliari grazie all’indulto. L’uomo ha avuto la possibilità di rifarsi una vita ed oggi è sposato con due figli e lavora ancora nella stessa banca. Può vivere normalmente la sua vita.

Barbara Bartolotti

Provare a ripartire

A Barbara, invece, questa possibilità è stata negata. Dopo l’accaduto non è più riuscita a trovare un per anni e la motivazione accresce la rabbia: è stata respinta per le cicatrici profonde impresse sul suo volto.

Ha messo da parte i titoli di studio che possiede e l’esperienza maturata, ma non è servito a nulla, fino allo scorso anno, quando, nel corso di un evento dedicato alla lotta alla sulle donne, ha conosciuto Valeria Grasso che le ha offerto di lavorare presso l’accoglienza della sua palestra.

Barbara però si sente ancora abbandonata dalle istituzioni e dalla giustizia. Nonostante tutto ha fondato l’associazione Libera di Vivere che nasce con lo scopo di accogliere le richieste d’aiuto da in difficoltà.

Nei fatti però il progetto non è mai decollato. Sono necessarie una sede e tutele per la fondatrice e per chi a lei si rivolgerà, richieste che, per il momento, restano inascoltate dal Comune.

Abbiamo deciso di raccontare questa storia nella speranza che le in difficoltà si sentano meno sole e le istituzioni siano spinte a rivedere le norme a tutela delle vittime di femminicidio.

“Scappate dagli uomini violenti, non siete sole. È la vostra vita, la vostra unica possibilità e avete il diritto di viverla in totale libertà”.

(Cit. Barbara Bartolotti)

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